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NEW HUMANITY E IL MYANMAR

by Redazione

Alla festa di compleanno non poteva mancare New Humanity, altro tassello importante per l’ attività umanitaria della nostra Fondazione. Prima di fare il punto della situazione dei progetti in Myanmar, ex colonia britannica dell’Asia sud-orientale governata per cinquant’anni da un regime militare oscurantista che ha colpito pesantemente i diritti umani, ricordiamo che New Humanity è l’associazione di volontariato e di solidarietà internazionale senza scopo di lucro nata nel 1992 da una costola del Pime (Pontificio istituto missioni estere) per sostenere progetti di sviluppo a favore dei più deboli in Asia, in particolare in Cambogia e dal 2002 in Myanmar, sede storica dei padri del Pime. Vari i campi di azione: disabilità, educazione, sviluppo agricolo. Una lunga collaborazione che ci ha portati, come nel caso della comunità di Sant’ Egidio in Africa, a risultati tangibili. Il ricordo di Alvaro Pecorari, papà di Francesca, è per un amico, fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime di Milano che ha sempre creduto nella lotta al terrorismo attraverso l’istruzione e nella promozione dell’ educazione come strumento per garantire dignità ai diritti dell’uomo e sconfiggere la povertà. Mussi promuove la costruzione di scuole in territori difficili, dove spesso viene meno la fiducia reciproca tra i diversi gruppi etnico-religiosi.

                                                             

MYANMAR E NEW HUMANITY. Economicamente il Myanmar nel 2016 è ancora uno dei paesi più poveri e meno sviluppati e secondo molte organizzazioni, come Amnesty International, ha poca considerazione dei diritti dell’uomo. Dal 2010 si assiste a un’ apertura che ha portato a una vittoria delle forze democratiche, incentivando un primo sviluppo sia in termini di libertà individuali sia in termini economici, ma la questione annosa resta quella delle minoranze etniche, crocevia di tradizioni e culture che hanno plasmato il paese. Si contano circa 130 gruppi etnici, un vero caleidoscopio umano di lingue. Dall’ indipendenza del 1948 tre quarti del Paese (più o meno 30 milioni di abitanti) è costituito dall’ etnia birmana Bamar, mentre il restante 30% si compone di numerose minoranze etniche, linguistiche, religiose con cui nel corso della storia ci sono stati contrasti fortissimi, vere e proprie guerre civili. Nel lungo cammino verso la democrazia il ruolo dell’ esercito (con il suo punto di vista nazionalista e repressivo delle minoranze) si fa ancora sentire per via della costituzione che quel ruolo glielo riconosce. Per quanto riguarda il nostro impegno come onlus in Myanmar facciamo il punto della situazione con Francesca Benigno, intervenuta alla Festa di compleanno in rappresentanza di New Humanity: “Siamo entrati in Myanmar nel 2002 raccogliendo l’eredità dei missionari del Pime, forti di un’ esperienza di centocinquant’ anni. La Fondazione Francesca Pecorari ci è stata vicino dall’ inizio, già nel 2005 è terminata la costruzione della prima scuola insieme, raccogliendo la sfida in un settore difficile e prioritario come quello dell’educazione, completamente smantellato dalla dittatura militare salita al potere col colpo di Stato del 1962. Pochissimi gli investimenti nel settore, da qui la decisione, insieme alla Fondazione, di iniziare a costruire scuole che venissero successivamente affidate alla gestione del governo e della comunità locale. Nel corso degli anni abbiamo costruito altre quattro scuole primarie, dando la possibilità di studiare a cinquecento studenti”. Sono stati anni di instabilità, di tensioni, anni in cui la Fondazione Francesca Pecorari non è mai persa d’ animo. Nel 2015 qualcosa di nuovo succede: le prime elezioni democratiche dal 1990. Cambia il governo e assistiamo a una certa apertura al mondo. Ma nonostante gli investimenti nell’ educazione siano triplicati non sono ancora rose e fiori. Continua: “Il tasso di abbandono nelle scuole primarie è del 15%, dati Unicef che salgono nelle zone rurali. Un bambino su due, finito il ciclo di istruzione primaria, non si iscrive agli studi secondari, in quanto l’obbligo scolastico è previsto fino a dieci anni di età. Nel 2016 è partita un’ altra sfida: investire negli asili e quindi nell’ educazione prescolare. Per tre motivi. Primo, perché è un’ età fondamentale per lo sviluppo caratteriale del bambino. Secondo, perché nelle aree rurali in cui operiamo vivono principalmente minoranze etniche che hanno altri usi altri costumi e un’altra lingua rispetto a quella ufficiale adottata nelle scuole: il birmano. Questo comporta per i giovani studenti difficoltà notevoli di inserimento. Lavorare negli asili ci permette di insegnare ai bambini il birmano. Ultimo, ma non meno importante, motivo è che possiamo lavorare con le famiglie  e fargli capire l’ importanza dell’ educazione e il suo ruolo formante. Se i bambini si inseriscono bene nella scuola primaria il tasso di abbandono diminuisce. Alla Fondazione abbiamo proposto di affiancarci in questo progetto, in particolare nella costruzione di due asili nei villaggi di Naung Choo e Naung Leng. Costruzione che è iniziata nel 2016 e si è conclusa nel 2017. Attualmente i due asili sono frequentati da cinquanta bambini. Come onlus siamo ancora in una fase di accompagnamento e formazione continua degli insegnanti. Poi li affideremo alla comunità locale”.

New Humanity ha iniziato la sua attività in Cambogia, nel 1992, l’ anno dopo l’arrivo dei padri del Pime nel Paese, dando un contributo significativo al rilancio degli studi universitari di Scienze sociali. Attività che si è allargata all’educazione prescolare. Successivamente l’arrivo in Myanmar nelle province di Yangon, Taunggyi e Kyaing Tong. Nella capitale Yangon l’associazione collabora con vari enti statali, privati, scuole buddiste e istituzioni cristiane. Il suo percorso in Cambogia si è concluso dopo 24 anni, con la consapevolezza di aver creato legami profondi con la chiesa locale e con le organizzazioni che oggi le hanno permesso di uscire di scena serenamente, ricordando che il fine ultimo della cooperazione è “aiutare i poveri perché non abbiano più bisogno di noi”. Aiutarli ad essere indipendenti. Questo il senso.

Disarmo, sviluppo, cooperazione, solidarietà internazionale in un’ottica di reciprocità sono alla base della spiritualità e dei rapporti internazionali. Ci piace concludere con lo spirito di fratellanza universale così come è proclamato nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Peccato che troppo spesso ce lo dimentichiamo.

 

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